Farmacie istituite nei “centri commerciali naturali”: è possibile attesa l'assimilabilità di questi complessi ai “centri commerciali unitari”
Per la prima volta in assoluto il Consiglio di Stato afferma il principio che la Regione può procedere ad istituire nuove farmacie pure all'interno dei “centri commerciali naturali”, intesi come spazi unici commerciali sviluppatisi nel tempo anche senza programmazione unitaria, se la normativa regionale li contempla disciplinandoli, tenuto conto che la materia del commercio è riservata alla competenza regionale
Massima
Farmacia – istituzione in centri commerciali naturali disciplinati da legge regionale - assimilabilità ai centri commerciali unitari – attribuzione della materia del commercio alla competenza regionale – legittimità
Farmacia – rispetto della distanza di 1.500 metri – asserita violazione nei confronti di farmacia più vicina diversa dalla ricorrente – difetto di interesse all'impugnativa - inammissibilità
Con questa importantissima sentenza il Consiglio di Stato si pronuncia per la prima volta riguardo all'istituzione di farmacie nei centri commerciali naturali ex art. 1 bis l. n. 475/1968.
La Regione Toscana istituisce una sede all'interno di un centro commerciale naturale, definito dall'art. 97 comma 1 lett. b) della legge regionale n. 28/2005 (poi abrogata, ma applicabile alla controversia ratione temporis) come “luoghi commerciali complessi e non omogenei, sviluppatisi nel tempo anche senza programmazione unitaria, concepiti come spazi unici ove opera un insieme organizzato di esercizi commerciali, esercizi di somministrazione , strutture ricettive, attività artigianali e di servizio, aree mercatali ed eventualmente integrati da aree di sosta e di accoglienza e da sistemi di accessibilità comuni”.
É fin troppo evidente la differenza tra questa tipologia di centro commerciale e quella invece indicata dall'articolo 4 comma 1 lett. g) del decreto legislativo n. 114/1998, secondo cui per centro commerciale deve ritenersi“una media o una grande struttura di vendita nella quale più esercizi commerciali sono inseriti in una struttura a destinazione specifica e usufruiscono di infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti unitariamente. Ai fini del presente decreto per superficie di vendita di un centro commerciale si intende quella risultante dalla somma della superficie di vendita degli esercizi al dettaglio in esso presenti”.
A seguito del ricorso al TAR da parte di un titolare di farmacia nel Comune, che ritiene non istituibile una farmacia in un centro commerciale naturale, prima il TAR e poi il Consiglio di Stato stabiliscono la legittimità dell'istituzione.
Il punto cruciale della decisione è nell'interpretazione dell'art. 1 bis della l. n. 475/1968, che prevede la possibilità di istituire farmacie “nei centri commerciali e nelle grandi strutture con superficie di vendita superiore a 10.000 metri quadrati”.
Al riguardo la sentenza dei Giudici di Palazzo Spada è molto chiara: i centri commerciali naturali sono luoghiaventile stesse caratteristiche attrattive dei centri commerciali formatisi nell’ambito della programmazione urbanistica, in particolare per quanto concerne la capacità di clientela. La mancanza di un unico progetto urbanistico “originariamente e globalmente previsto come unitario” delle varie realtà commerciali insistenti nel medesimo complesso aggregato e diffuso non impedisce l'applicazione per tale complesso dell'art. 1 bis, a maggior ragione se nell'area sono presenti opere di urbanizzazione primaria e secondaria e infrastrutture collegate fra loro (viabilità interna e parcheggi a servizio) assimilabili ai centri commerciali unitari per ciò che riguarda i requisiti fisici e strutturali previsti per questi ultimi.
Il Collegio, dunque, privilegia l’interpretazione estensiva e conclude che l'art. 1 bis, facendo riferimento ai centri commerciali, opera un rinvio di carattere generale, senza limitare espressamente il proprio ambito di applicazione ai centri sorti in virtù di una programmazione e disciplinati dall'art. articolo 4 comma 1 lett. g) del d. lgs. n. 114/1998.
Tale interpretazione estensiva, secondo la sentenza, peraltro è del tutto coerente con la ratio dell'art. 1 bis, che è quella di migliorare l’efficienza del servizio farmaceutico mediante l'affermarsi della sua presenza in tutti quei luoghi che costituiscono poli di attrazione per un’utenza mobile costituita sia da residenti, che da non residenti.
Una parte della pronuncia estremamente interessante è quella in cui il Collegio affronta la questione della coerenza dell'atto istitutivo della Regione Toscana con l’impianto complessivo del rapporto tra legislazione statale e legislazione regionale in relazione al fatto che la definizione di centro commerciale naturale si rinviene in una norma regionale e non invece in una norma statale.
Sul punto il Collegio rinvia ai principi desumibili dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 150/2011 e conclude indicando che, siccome l’art. 117 comma quattro della Costituzione stabilisce che la materia del commercio rientra nella competenza legislativa delle Regioni (vedasi sul punto la sentenza della Corte Costituzionale n. 98/2017), il rimando della legge statale alle nozioni di una materia, come il commercio, riservata alla competenza regionale, significa a tutti gli effetti il recepimento delle nozioni stabilite dalle leggi regionali in materia.
La parte finale della sentenza viene riservata alla problematica dell'obbligo di rispetto della distanza minima di 1.500 metri dalle farmacie più vicine e sul punto il Collegio dichiara inammissibile la censura proposta dal titolare ricorrente, in quanto la distanza che egli asserisce essere stata violata è quella tra la farmacia istituita nel centro commerciale ed altre farmacie diverse dalla propria: ma il ricorrente non può lamentare l'eventuale violazione della distanza in riferimento ed altre farmacie a lui non riconducibili, perché il suo interesse all’impugnativa dev'essere personale e, quindi, riferito alla propria farmacia.
Avv. Tommaso di Gioia
Patrocinante dinnanzi alle Magistrature Superiori, già docente nel Corso di Alta Formazione in Diritto Sanitario dell'Università di Bari, componente del Comitato degli Esperti della Scuola di Aggiornamento e della Scuola di Formazione Forense dell'Ordine degli Avvocati di Bari
Commento
Consiglio di Stato/sentenza del 6 marzo 2025
Farmacie istituite nei “centri commerciali naturali”: è possibile attesa l'assimilabilità di questi complessi ai “centri commerciali unitari”
Per la prima volta in assoluto il Consiglio di Stato afferma il principio che la Regione può procedere ad istituire nuove farmacie pure all'interno dei “centri commerciali naturali”, intesi come spazi unici commerciali sviluppatisi nel tempo anche senza programmazione unitaria, se la normativa regionale li contempla disciplinandoli, tenuto conto che la materia del commercio è riservata alla competenza regionale
Massima
Farmacia – istituzione in centri commerciali naturali disciplinati da legge regionale - assimilabilità ai centri commerciali unitari – attribuzione della materia del commercio alla competenza regionale – legittimità
Farmacia – rispetto della distanza di 1.500 metri – asserita violazione nei confronti di farmacia più vicina diversa dalla ricorrente – difetto di interesse all'impugnativa - inammissibilità
Con questa importantissima sentenza il Consiglio di Stato si pronuncia per la prima volta riguardo all'istituzione di farmacie nei centri commerciali naturali ex art. 1 bis l. n. 475/1968.
La Regione Toscana istituisce una sede all'interno di un centro commerciale naturale, definito dall'art. 97 comma 1 lett. b) della legge regionale n. 28/2005 (poi abrogata, ma applicabile alla controversia ratione temporis) come “luoghi commerciali complessi e non omogenei, sviluppatisi nel tempo anche senza programmazione unitaria, concepiti come spazi unici ove opera un insieme organizzato di esercizi commerciali, esercizi di somministrazione , strutture ricettive, attività artigianali e di servizio, aree mercatali ed eventualmente integrati da aree di sosta e di accoglienza e da sistemi di accessibilità comuni”.
É fin troppo evidente la differenza tra questa tipologia di centro commerciale e quella invece indicata dall'articolo 4 comma 1 lett. g) del decreto legislativo n. 114/1998, secondo cui per centro commerciale deve ritenersi“una media o una grande struttura di vendita nella quale più esercizi commerciali sono inseriti in una struttura a destinazione specifica e usufruiscono di infrastrutture comuni e spazi di servizio gestiti unitariamente. Ai fini del presente decreto per superficie di vendita di un centro commerciale si intende quella risultante dalla somma della superficie di vendita degli esercizi al dettaglio in esso presenti”.
A seguito del ricorso al TAR da parte di un titolare di farmacia nel Comune, che ritiene non istituibile una farmacia in un centro commerciale naturale, prima il TAR e poi il Consiglio di Stato stabiliscono la legittimità dell'istituzione.
Il punto cruciale della decisione è nell'interpretazione dell'art. 1 bis della l. n. 475/1968, che prevede la possibilità di istituire farmacie “nei centri commerciali e nelle grandi strutture con superficie di vendita superiore a 10.000 metri quadrati”.
Al riguardo la sentenza dei Giudici di Palazzo Spada è molto chiara: i centri commerciali naturali sono luoghiaventile stesse caratteristiche attrattive dei centri commerciali formatisi nell’ambito della programmazione urbanistica, in particolare per quanto concerne la capacità di clientela. La mancanza di un unico progetto urbanistico “originariamente e globalmente previsto come unitario” delle varie realtà commerciali insistenti nel medesimo complesso aggregato e diffuso non impedisce l'applicazione per tale complesso dell'art. 1 bis, a maggior ragione se nell'area sono presenti opere di urbanizzazione primaria e secondaria e infrastrutture collegate fra loro (viabilità interna e parcheggi a servizio) assimilabili ai centri commerciali unitari per ciò che riguarda i requisiti fisici e strutturali previsti per questi ultimi.
Il Collegio, dunque, privilegia l’interpretazione estensiva e conclude che l'art. 1 bis, facendo riferimento ai centri commerciali, opera un rinvio di carattere generale, senza limitare espressamente il proprio ambito di applicazione ai centri sorti in virtù di una programmazione e disciplinati dall'art. articolo 4 comma 1 lett. g) del d. lgs. n. 114/1998.
Tale interpretazione estensiva, secondo la sentenza, peraltro è del tutto coerente con la ratio dell'art. 1 bis, che è quella di migliorare l’efficienza del servizio farmaceutico mediante l'affermarsi della sua presenza in tutti quei luoghi che costituiscono poli di attrazione per un’utenza mobile costituita sia da residenti, che da non residenti.
Una parte della pronuncia estremamente interessante è quella in cui il Collegio affronta la questione della coerenza dell'atto istitutivo della Regione Toscana con l’impianto complessivo del rapporto tra legislazione statale e legislazione regionale in relazione al fatto che la definizione di centro commerciale naturale si rinviene in una norma regionale e non invece in una norma statale.
Sul punto il Collegio rinvia ai principi desumibili dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 150/2011 e conclude indicando che, siccome l’art. 117 comma quattro della Costituzione stabilisce che la materia del commercio rientra nella competenza legislativa delle Regioni (vedasi sul punto la sentenza della Corte Costituzionale n. 98/2017), il rimando della legge statale alle nozioni di una materia, come il commercio, riservata alla competenza regionale, significa a tutti gli effetti il recepimento delle nozioni stabilite dalle leggi regionali in materia.
La parte finale della sentenza viene riservata alla problematica dell'obbligo di rispetto della distanza minima di 1.500 metri dalle farmacie più vicine e sul punto il Collegio dichiara inammissibile la censura proposta dal titolare ricorrente, in quanto la distanza che egli asserisce essere stata violata è quella tra la farmacia istituita nel centro commerciale ed altre farmacie diverse dalla propria: ma il ricorrente non può lamentare l'eventuale violazione della distanza in riferimento ed altre farmacie a lui non riconducibili, perché il suo interesse all’impugnativa dev'essere personale e, quindi, riferito alla propria farmacia.
Normativa
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