Il “caso Genmab”: le condizioni per il rilascio di CPC in caso di pluralità di AIC per lo stesso prodotto
Nel caso in cui siano state rilasciate più AIC per lo stesso prodotto, il CPC va riferito alla prima AIC rilasciata, anche se non è più valida
Massima
Medicinale – domanda di CPC – pluralità di AIC per lo stesso prodotto – riferimento alla prima AIC rilasciata – mancanza di validità della prima AIC – irrilevanza
In questa interessantissima ordinanza della Corte di Giustizia viene affrontata una problematica determinatasi anche a causa delle diverse traduzioni del testo UE effettuate nelle lingue dei Paesi membri.
Una società farmaceutica, che aveva ottenuto un AIC per un medicinale nel 2010, nel febbraio 2019 ritira tale AIC. Nel marzo 2021 la medesima azienda ottiene una nuova AIC per un medicinale che ha lo stesso principio attivo del medicinale per cui era stata rilasciata l'AIC nel 2010. Nel luglio 2021 l'azienda, sulla base del brevetto di base e della seconda AIC del 2021 chiede il rilascio del CPC, ottenendo però un rifiuto dall'Ufficio preposto, secondo cui l'AIC del 2021 non è la prima AIC (che invece sarebbe quella del 2010), ai sensi dell'art. 3 lett. d) del Regolamento n. 469/2009.
L'Ufficio sostiene che, poiché la norma citata fa riferimento alla “prima AIC”, è a questa del 2010 che occorre far riferimento, anche se è stata ritirata e non è più in corso di validità.
L'azienda farmaceutica invece, facendo riferimento alla traduzione in lingua inglese del detto Regolamento (che contiene il termine “valid”), afferma che ci si debba riferire alla prima AIC “valida”: al proposito richiama anche la traduzione del testo effettuata in francese e tedesco, che confermerebbe tale tesi.
Sennonché la traduzione ufficiale ungherese (la vicenda si svolge in terra magiara) non contiene alcun termine riconducibile alla parola “valid”, sicché il Tribunale investito della questione sospende il procedimento e sottopone alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale relativa alla corretta interpretazione da darsi all'art. 3 lett. b) e d) del Regolamento 469/2009 e, cioè, se esso debba essere interpretato nel senso che un AIC precedente all'AIC che figura nella domanda di rilascio del CPC e relativa allo stesso prodotto debba essere considerata la prima AIC, anche quando tale prima AIC sia stata ritirata prima della presentazione della domanda di rilascio del CPC e, quindi, non sia più valida.
La Corte di Giustizia nell'ordinanza afferma che va applicato il criterio cronologico oggettivo in ragione del quale la “prima AIC del prodotto”, in quanto medicinale, ai sensi della disposizione, è l'AIC rilasciata alla data più remota, a prescindere dal fatto che tale AIC sia ancora in corso di validità o meno.
A sostegno di tale tesi la Corte indica quattro diversi ordini di ragioni:
dal testo della disposizione non risulta che la “prima AIC” debba essere la prima unicamente tra quelle in corso di validità alla data di presentazione della domanda di CPC; al contrario, il testo dispone che si debba tener conto dell'insieme delle AIC rilasciate nello Stato membro in cui è stato chiesto il CPC;
l'analisi del contesto in cui si colloca la norma porta alla stessa conclusione: dal combinato disposto delle lettere b) e d) dell'art. 3 emerge che un'interpretazione come quella effettuata dall'azienda farmaceutica porterebbe a riunire erroneamente la nozione di “AIC” con la nozione di “AIC in corso di validità”, interpretazione peraltro da scartarsi anche ai sensi del contenuto dell'art. 8 del medesimo Regolamento;
la genesi della disposizione in oggetto e, cioè, i punti 35 e 36 della relazione esplicativa della proposta di regolamento del Consiglio dell'11 aprile 1990, spiegano che è frequente che uno stesso prodotto ottenga diverse AIC, tuttavia è alla prima AIC rilasciata che occorre far riferimento. Anche se per uno stesso prodotto intervengono più AIC, il legislatore europeo ha stabilito che verrà rilasciato un solo CPC per il prodotto sulla base di un solo brevetto e di una sola AIC, che è la prima rilasciata in ordine temporale;
l'analisi degli obiettivi perseguiti dal legislatore europeo corrisponde perfettamente all'interpretazione restrittiva: con il regime dei CPC il legislatore ha inteso proteggere la prima immissione in commercio mediante rilascio di AIC di un principio attivo in quanto medicinale. Tale obiettivo sarebbe compromesso se si facesse riferimento, però, alla prima AIC valida, visto che le aziende farmaceutiche avrebbero buon gioco a rinunciare alla prima AIC per così ottenere un CPC sull'ultima versione commercializzata, in tal modo arrivando addirittura a scegliere quale versione del prodotto favorire. Ciò trasformerebbe un criterio oggettivo in soggettivo, il che contrasta con gli obiettivi del legislatore europeo.
In conclusione la Corte afferma che la lett. d) dell'art. 3 del Regolamento n. 469/2009 va interpretata nel senso che esso osta a che l'AIC presentata a sostegno di una domanda di CPC per un prodotto sia considerata come la prima AIC ai sensi di tale disposizione, se per quello stesso prodotto è stata già rilasciata un'AIC precedente che però è stata ritirata prima della presentazione della domanda di CPC.
Avv. Tommaso di Gioia
Patrocinante dinnanzi alle Magistrature Superiori, già docente nel Corso di Alta Formazione in Diritto Sanitario dell'Università di Bari, componente del Comitato degli Esperti della Scuola di Aggiornamento e della Scuola di Formazione Forense dell'Ordine degli Avvocati di Bari
Commento
Corte di Giustizia/ordinanza del 16 luglio 2024
Il “caso Genmab”: le condizioni per il rilascio di CPC in caso di pluralità di AIC per lo stesso prodotto
Nel caso in cui siano state rilasciate più AIC per lo stesso prodotto, il CPC va riferito alla prima AIC rilasciata, anche se non è più valida
Massima
Medicinale – domanda di CPC – pluralità di AIC per lo stesso prodotto – riferimento alla prima AIC rilasciata – mancanza di validità della prima AIC – irrilevanza
In questa interessantissima ordinanza della Corte di Giustizia viene affrontata una problematica determinatasi anche a causa delle diverse traduzioni del testo UE effettuate nelle lingue dei Paesi membri.
Una società farmaceutica, che aveva ottenuto un AIC per un medicinale nel 2010, nel febbraio 2019 ritira tale AIC. Nel marzo 2021 la medesima azienda ottiene una nuova AIC per un medicinale che ha lo stesso principio attivo del medicinale per cui era stata rilasciata l'AIC nel 2010. Nel luglio 2021 l'azienda, sulla base del brevetto di base e della seconda AIC del 2021 chiede il rilascio del CPC, ottenendo però un rifiuto dall'Ufficio preposto, secondo cui l'AIC del 2021 non è la prima AIC (che invece sarebbe quella del 2010), ai sensi dell'art. 3 lett. d) del Regolamento n. 469/2009.
L'Ufficio sostiene che, poiché la norma citata fa riferimento alla “prima AIC”, è a questa del 2010 che occorre far riferimento, anche se è stata ritirata e non è più in corso di validità.
L'azienda farmaceutica invece, facendo riferimento alla traduzione in lingua inglese del detto Regolamento (che contiene il termine “valid”), afferma che ci si debba riferire alla prima AIC “valida”: al proposito richiama anche la traduzione del testo effettuata in francese e tedesco, che confermerebbe tale tesi.
Sennonché la traduzione ufficiale ungherese (la vicenda si svolge in terra magiara) non contiene alcun termine riconducibile alla parola “valid”, sicché il Tribunale investito della questione sospende il procedimento e sottopone alla Corte di Giustizia la questione pregiudiziale relativa alla corretta interpretazione da darsi all'art. 3 lett. b) e d) del Regolamento 469/2009 e, cioè, se esso debba essere interpretato nel senso che un AIC precedente all'AIC che figura nella domanda di rilascio del CPC e relativa allo stesso prodotto debba essere considerata la prima AIC, anche quando tale prima AIC sia stata ritirata prima della presentazione della domanda di rilascio del CPC e, quindi, non sia più valida.
La Corte di Giustizia nell'ordinanza afferma che va applicato il criterio cronologico oggettivo in ragione del quale la “prima AIC del prodotto”, in quanto medicinale, ai sensi della disposizione, è l'AIC rilasciata alla data più remota, a prescindere dal fatto che tale AIC sia ancora in corso di validità o meno.
A sostegno di tale tesi la Corte indica quattro diversi ordini di ragioni:
dal testo della disposizione non risulta che la “prima AIC” debba essere la prima unicamente tra quelle in corso di validità alla data di presentazione della domanda di CPC; al contrario, il testo dispone che si debba tener conto dell'insieme delle AIC rilasciate nello Stato membro in cui è stato chiesto il CPC;
l'analisi del contesto in cui si colloca la norma porta alla stessa conclusione: dal combinato disposto delle lettere b) e d) dell'art. 3 emerge che un'interpretazione come quella effettuata dall'azienda farmaceutica porterebbe a riunire erroneamente la nozione di “AIC” con la nozione di “AIC in corso di validità”, interpretazione peraltro da scartarsi anche ai sensi del contenuto dell'art. 8 del medesimo Regolamento;
la genesi della disposizione in oggetto e, cioè, i punti 35 e 36 della relazione esplicativa della proposta di regolamento del Consiglio dell'11 aprile 1990, spiegano che è frequente che uno stesso prodotto ottenga diverse AIC, tuttavia è alla prima AIC rilasciata che occorre far riferimento. Anche se per uno stesso prodotto intervengono più AIC, il legislatore europeo ha stabilito che verrà rilasciato un solo CPC per il prodotto sulla base di un solo brevetto e di una sola AIC, che è la prima rilasciata in ordine temporale;
l'analisi degli obiettivi perseguiti dal legislatore europeo corrisponde perfettamente all'interpretazione restrittiva: con il regime dei CPC il legislatore ha inteso proteggere la prima immissione in commercio mediante rilascio di AIC di un principio attivo in quanto medicinale. Tale obiettivo sarebbe compromesso se si facesse riferimento, però, alla prima AIC valida, visto che le aziende farmaceutiche avrebbero buon gioco a rinunciare alla prima AIC per così ottenere un CPC sull'ultima versione commercializzata, in tal modo arrivando addirittura a scegliere quale versione del prodotto favorire. Ciò trasformerebbe un criterio oggettivo in soggettivo, il che contrasta con gli obiettivi del legislatore europeo.
In conclusione la Corte afferma che la lett. d) dell'art. 3 del Regolamento n. 469/2009 va interpretata nel senso che esso osta a che l'AIC presentata a sostegno di una domanda di CPC per un prodotto sia considerata come la prima AIC ai sensi di tale disposizione, se per quello stesso prodotto è stata già rilasciata un'AIC precedente che però è stata ritirata prima della presentazione della domanda di CPC.
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