Il farmaco con AIP perde la denominazione assunta e prende quella del Paese di importazione se viene meno il collegamento di cui alla Comunicazione COM (2003) 839
Il farmaco che nel rilascio di AIP ha assunto la denominazione del farmaco “analogo” in Italia, qualora nel corso del tempo cambino la titolarità ed il produttore del Paese di importazione, essendo venuto meno il collegamento previsto dalla Comunicazione COM (2003) 839 deve assumere la denominazione che ha nel Paese da cui viene importato
Massima
Medicinali – autorizzazione all'importazione parallela con cambio di denominazione – assunzione della denominazione di farmaco analogo avente AIC in Italia - sopravvenuto cambio di titolarità e di produzione del farmaco nel Paese di importazione – perdita di collegamento ed indipendenza sopravvenuta tra i due farmaci - obbligo di ridenominazione del farmaco con AIP – assunzione della denominazione che il farmaco ha nel Paese da cui viene importato - legittimità
In questo caso vi è stato il rilascio di un'autorizzazione all'importazione parallela (AIP) con contestuale cambio della denominazione del farmaco importato, che al posto di quella del paese di importazione (la Spagna) assume quella dell'analogo medicinale già commercializzato in Italia da azienda farmaceutica dotata di AIC e “collegata” ai sensi della Comunicazione COM (2003) 839 del 30 dicembre 2003 della Commissione europea (secondo cui vi è collegamento quando “il fabbricante del prodotto importato e del prodotto già immesso in commercio nello Stato membro di destinazione è lo stesso oppure l’uno e l’altro appartengono allo stesso gruppo, o nel caso di società indipendenti, hanno concluso accordi con lo stesso concessore di licenze”). Il cambio di denominazione è stato autorizzato perché, se mantenesse quella del Paese di importazione, il farmaco importato potrebbe confondersi con altri aventi denominazione simile già commercializzati in Italia ma con finalità terapeutiche differenti, con pericolo per la salute dei cittadini che potrebbero confondersi.
Sennonché dopo alcuni anni la società destinataria dell'AIC cede, nel Paese di importazione del farmaco, la titolarità ad altra azienda farmaceutica terza, che assume pure la nuova produzione del farmaco, determinando in tal modo la perdita del preesistente “collegamento”, sia in termini di titolarità, che in termini di produzione/origine. A questo punto l'AIFA, preso atto del venir meno del “collegamento” ordina alla società importatrice di far assumere per il futuro al proprio farmaco la denominazione che lo stesso ha nel Paese da cui viene importato. Ciò anche in ragione del fatto che non sono più in commercio in Italia quei medicinali con denominazione tale da creare possibile confusione tra gli utenti.
Il ricorso proposto dalla società importatrice viene respinto dal TAR che, dopo una davvero sintetica ricostruzione della normativa in materia, indica i principi essenziali che disciplinano il rilascio dell'AIP e la problematica del cambio di denominazione:
- in linea di principio il farmaco importato in Italia deve mantenere la denominazione che ha nel Paese di origine e non può modificarla, quindi va commercializzato in Italia con la denominazione ad esso assegnata nel Paese da cui viene importato;
- il cambio di denominazione del farmaco importato ai fini della sua commercializzazione in Italia è consentito soltanto qualora, mantenendo la sua denominazione del Paese di origine, il medicinale importato potrebbe confondersi con altri medicinali già in commercio in Italia aventi denominazione molto simile alla sua ma con diversa composizione o finalità terapeutica: è soltanto per evitare il pericolo per la salute dei cittadini, che potrebbero essere indotti in errore, che in questi casi si procede ad autorizzare il cambio di denominazione del farmaco importato. Trattasi, quindi, di situazione in cui la sostituzione del marchio originario è oggettivamente necessaria la (vedi sul punto la sentenza della Corte di Giustizia del 12 ottobre 1999 in causa C-379/97);
- in tal caso, al farmaco importato viene consentito, ai fini della commercializzazione in Italia, il cambio di denominazione, che può essere identico a quello di altro farmaco “analogo” già commercializzato in Italia da altra azienda dotata di AIC;
- un requisito dell'analogia tra farmaci è il collegamento sopra riportato ai sensi della Comunicazione COM (2003) 839 della Commissione europea;
- se tale collegamento viene meno perché, come nel caso di specie, nel corso del tempo la società dotata di AIC abbia ceduto ad altro soggetto terzo sia la titolarità che la produzione del farmaco nel Paese di importazione, il farmaco importato mediante AIP deve riprendere la denominazione del proprio Paese di origine, a maggior ragione se (come pure nel caso di specie) nel frattempo non sono più in commercio in Italia quei medicinali con denominazione simile e differenti finalità terapeutiche a causa dei quali fu autorizzato il cambio di denominazione del farmaco importato.
Avv. Tommaso di Gioia
Patrocinante dinnanzi alle Magistrature Superiori, già docente nel Corso di Alta Formazione in Diritto Sanitario dell'Università di Bari, componente del Comitato degli Esperti della Scuola di Aggiornamento e della Scuola di Formazione Forense dell'Ordine degli Avvocati di Bari
Commento
TAR Roma/sentenza del 5 dicembre 2024
Il farmaco con AIP perde la denominazione assunta e prende quella del Paese di importazione se viene meno il collegamento di cui alla Comunicazione COM (2003) 839
Il farmaco che nel rilascio di AIP ha assunto la denominazione del farmaco “analogo” in Italia, qualora nel corso del tempo cambino la titolarità ed il produttore del Paese di importazione, essendo venuto meno il collegamento previsto dalla Comunicazione COM (2003) 839 deve assumere la denominazione che ha nel Paese da cui viene importato
Massima
Medicinali – autorizzazione all'importazione parallela con cambio di denominazione – assunzione della denominazione di farmaco analogo avente AIC in Italia - sopravvenuto cambio di titolarità e di produzione del farmaco nel Paese di importazione – perdita di collegamento ed indipendenza sopravvenuta tra i due farmaci - obbligo di ridenominazione del farmaco con AIP – assunzione della denominazione che il farmaco ha nel Paese da cui viene importato - legittimità
La problematica del cambio di denominazione dei medicinali importati mediante AIP, di cui ci si è occupati su questa rivista (vedi l'ordinanza di TAR Roma del 16 ottobre 2024 e la sentenza del Consiglio di Stato del 30 ottobre 2023), si arricchisce di un'altra interessante pronuncia.
In questo caso vi è stato il rilascio di un'autorizzazione all'importazione parallela (AIP) con contestuale cambio della denominazione del farmaco importato, che al posto di quella del paese di importazione (la Spagna) assume quella dell'analogo medicinale già commercializzato in Italia da azienda farmaceutica dotata di AIC e “collegata” ai sensi della Comunicazione COM (2003) 839 del 30 dicembre 2003 della Commissione europea (secondo cui vi è collegamento quando “il fabbricante del prodotto importato e del prodotto già immesso in commercio nello Stato membro di destinazione è lo stesso oppure l’uno e l’altro appartengono allo stesso gruppo, o nel caso di società indipendenti, hanno concluso accordi con lo stesso concessore di licenze”). Il cambio di denominazione è stato autorizzato perché, se mantenesse quella del Paese di importazione, il farmaco importato potrebbe confondersi con altri aventi denominazione simile già commercializzati in Italia ma con finalità terapeutiche differenti, con pericolo per la salute dei cittadini che potrebbero confondersi.
Sennonché dopo alcuni anni la società destinataria dell'AIC cede, nel Paese di importazione del farmaco, la titolarità ad altra azienda farmaceutica terza, che assume pure la nuova produzione del farmaco, determinando in tal modo la perdita del preesistente “collegamento”, sia in termini di titolarità, che in termini di produzione/origine. A questo punto l'AIFA, preso atto del venir meno del “collegamento” ordina alla società importatrice di far assumere per il futuro al proprio farmaco la denominazione che lo stesso ha nel Paese da cui viene importato. Ciò anche in ragione del fatto che non sono più in commercio in Italia quei medicinali con denominazione tale da creare possibile confusione tra gli utenti.
Il ricorso proposto dalla società importatrice viene respinto dal TAR che, dopo una davvero sintetica ricostruzione della normativa in materia, indica i principi essenziali che disciplinano il rilascio dell'AIP e la problematica del cambio di denominazione:
- in linea di principio il farmaco importato in Italia deve mantenere la denominazione che ha nel Paese di origine e non può modificarla, quindi va commercializzato in Italia con la denominazione ad esso assegnata nel Paese da cui viene importato;
- il cambio di denominazione del farmaco importato ai fini della sua commercializzazione in Italia è consentito soltanto qualora, mantenendo la sua denominazione del Paese di origine, il medicinale importato potrebbe confondersi con altri medicinali già in commercio in Italia aventi denominazione molto simile alla sua ma con diversa composizione o finalità terapeutica: è soltanto per evitare il pericolo per la salute dei cittadini, che potrebbero essere indotti in errore, che in questi casi si procede ad autorizzare il cambio di denominazione del farmaco importato. Trattasi, quindi, di situazione in cui la sostituzione del marchio originario è oggettivamente necessaria la (vedi sul punto la sentenza della Corte di Giustizia del 12 ottobre 1999 in causa C-379/97);
- in tal caso, al farmaco importato viene consentito, ai fini della commercializzazione in Italia, il cambio di denominazione, che può essere identico a quello di altro farmaco “analogo” già commercializzato in Italia da altra azienda dotata di AIC;
- un requisito dell'analogia tra farmaci è il collegamento sopra riportato ai sensi della Comunicazione COM (2003) 839 della Commissione europea;
- se tale collegamento viene meno perché, come nel caso di specie, nel corso del tempo la società dotata di AIC abbia ceduto ad altro soggetto terzo sia la titolarità che la produzione del farmaco nel Paese di importazione, il farmaco importato mediante AIP deve riprendere la denominazione del proprio Paese di origine, a maggior ragione se (come pure nel caso di specie) nel frattempo non sono più in commercio in Italia quei medicinali con denominazione simile e differenti finalità terapeutiche a causa dei quali fu autorizzato il cambio di denominazione del farmaco importato.
Normativa
Riferimenti
Collegamenti
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