Il Sindaco non ha il potere di rinnovare il contratto del servizio di gestione della farmacia comunale
Una nota del Sindaco, da cui si ricava la volontà di rinnovare al privato aggiudicatario il contratto di servizio di gestione della farmacia comunale, ha il semplice valore di interlocuzione nelle trattative per il rinnovo, non spettando al Sindaco alcun potere di rinnovo
La cd. “ proroga Covid” è una misura di favore per le Amministrazioni ai fini del rilascio di atti o certificazioni, ma non ha l'effetto di congelare il potere decisionale del Comune in ordine al diniego di rinnovo del contratto di servizio di gestione della farmacia comunale
Massima
Farmacia – contratto di servizio di gestione della farmacia comunale – avvio trattative per il rinnovo - nota sindacale attestante la volontà di rinnovo – rinnovo del contratto – esclusione – difetto del potere da parte del Sindaco di rinnovare i contratti in corso – mera interlocuzione
Farmacia - contratto di servizio di gestione della farmacia comunale – proroga della scadenza ex lege ai sensi della cd. “proroga Covid” - esclusione – decisione comunale di vendita della titolarità della farmacia comunale per scadenza contratto di gestione - legittimità
Da questa complessa vicenda, a cui il TAR ha dedicato una sentenza di alcune decine di pagine, sono ricavabili due principi interessanti: il primo riguarda i limiti dei poteri del Sindaco ed il secondo gli effetti della cd. “proroga Covid” sui contratti in essere.
Approssimandosi la scadenza del termine di un contratto di quindici anni relativo alla gestione del servizio della farmacia comunale, la farmacista privata affidataria chiede al Comune di rinnovare il contratto a condizioni diverse rispetto a quelle originarie. Nel corso di un fittissimo scambio di note fra le parti, tutte interlocutorie, ve n'è una, a firma del Sindaco, da cui risulta chiara la volontà di rinnovare il contratto a determinate condizioni. A tale nota la farmacista dà riscontro dichiarando di accettare il rinnovo. Poiché alla nota sindacale ne seguono altre, di vari uffici comunali, da cui emerge viceversa la volontà di non giungere ad un rinnovo, dopo un ulteriore lasso di tempo, durante il quale il Comune decide infine di non rinnovare il contratto e di bandire una gara per la vendita della farmacia comunale, la farmacista affidataria della farmacia comunale ricorre al TAR. Nel proprio ricorso impugna una lunga sequenza di provvedimenti, tra cui il bando della procedura ad evidenza pubblica per la vendita e l'atto di aggiudicazione ad altro farmacista, fondando una parte delle sue ragioni sull'intervenuto rinnovo del contratto a seguito dell'accettazione delle richieste contenute nella predetta nota del Sindaco.
Il TAR parmense, tuttavia, non condivide la censura e la dichiara infondata evidenziando che la nota sindacale si pone nella sequenza interlocutoria volta alla definizione delle trattative negoziali, non avendo alcuna competenza il Sindaco ad assumere impegni contrattuali in nome e per conto del Comune; sul punto il TAR rammenta che il riparto delle competenze delineato dal d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (T.U.E.L.) attribuisce al Consiglio comunale la competenza sulle decisioni di indirizzo dell’Ente, alla Giunta comunale il potere di adottare gli atti in esecuzione dell’indirizzo imposto dal Consiglio comunale, e, infine, al Dirigente del singolo settore l’adozione degli atti esecutivi delle decisioni della Giunta.
In base a tale normativa, allora, la citata nota del Sindaco non può assumere la valenza di “proposta contrattuale”, dovendosi piuttosto inquadrare quale passaggio interlocutorio della fattispecie a formazione progressiva tesa alla conclusione di un nuovo accordo, vale a dire quale atto interno della fase delle trattative negoziali, ovvero un mero invito a trattare.
Il TAR sul punto quindi conclude indicando che il consenso espresso dalla farmacista rispetto a quanto comunicato con la detta nota sindacale, lungi dal configurarsi quale “accettazione” idonea a suggellare la conclusione del vincolo negoziale, deve ritenersi invece un semplice segmento della fase delle trattative precontrattuali che, però, si sono infine concluse con la decisione del Comune di non rinnovare il contratto.
Sotto altro e diverso profilo la ricorrente chiede che il TAR giudichi illegittimi gli atti comunali di alienazione della farmacia comunale alla luce del fatto che il proprio contratto era stato prorogato ex lege in ragione della cd. “proroga Covid” e, cioè, della disposizione di cui all'art. 103, comma 2, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni con la l. n. 27/2020 (così come modificato con successivo d.l. 7 ottobre 2020 n. 125, convertito con la l. n. 159/2020). La tesi della ricorrente è che, essendo intervenuta una proroga del contratto per effetto della legge, il Comune non poteva procedere a vendere la farmacia comunale come se fosse libero da ogni vincolo.
Anche tale punto, però, non trova d'accordo il Collegio, che qualifica la cd. “proroga Covid” come una misura di favore per le amministrazioni, che sono state in tal modo esonerate dall’attivare tutti quei procedimenti diretti al rilascio di certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, per i quali le amministrazioni, come i privati, hanno potuto beneficiare dell’estensione temporale dell’efficacia dei titoli precedentemente rilasciati fino alla cessazione dello stato di emergenza. La sentenza stabilisce sul punto che tale proroga ex lege non può però avere avuto l'effetto di impedirel’esercizio del potere amministrativo ove la tutela dell’interesse pubblico da perseguire imponesse nel singolo caso determinazioni diverse, come nel caso di specie, in cui sono stati accertati naturalmente cessati gli effetti della concessione e si è poi proceduto alla decisione di alienare la licenza di farmacia comunale.
Avv. Tommaso di Gioia
Patrocinante dinnanzi alle Magistrature Superiori, già docente nel Corso di Alta Formazione in Diritto Sanitario dell'Università di Bari, componente del Comitato degli Esperti della Scuola di Aggiornamento e della Scuola di Formazione Forense dell'Ordine degli Avvocati di Bari
Commento
TAR Parma/sentenza del 2 luglio 2024
Il Sindaco non ha il potere di rinnovare il contratto del servizio di gestione della farmacia comunale
Una nota del Sindaco, da cui si ricava la volontà di rinnovare al privato aggiudicatario il contratto di servizio di gestione della farmacia comunale, ha il semplice valore di interlocuzione nelle trattative per il rinnovo, non spettando al Sindaco alcun potere di rinnovo
La cd. “ proroga Covid” è una misura di favore per le Amministrazioni ai fini del rilascio di atti o certificazioni, ma non ha l'effetto di congelare il potere decisionale del Comune in ordine al diniego di rinnovo del contratto di servizio di gestione della farmacia comunale
Massima
Farmacia – contratto di servizio di gestione della farmacia comunale – avvio trattative per il rinnovo - nota sindacale attestante la volontà di rinnovo – rinnovo del contratto – esclusione – difetto del potere da parte del Sindaco di rinnovare i contratti in corso – mera interlocuzione
Farmacia - contratto di servizio di gestione della farmacia comunale – proroga della scadenza ex lege ai sensi della cd. “proroga Covid” - esclusione – decisione comunale di vendita della titolarità della farmacia comunale per scadenza contratto di gestione - legittimità
Da questa complessa vicenda, a cui il TAR ha dedicato una sentenza di alcune decine di pagine, sono ricavabili due principi interessanti: il primo riguarda i limiti dei poteri del Sindaco ed il secondo gli effetti della cd. “proroga Covid” sui contratti in essere.
Approssimandosi la scadenza del termine di un contratto di quindici anni relativo alla gestione del servizio della farmacia comunale, la farmacista privata affidataria chiede al Comune di rinnovare il contratto a condizioni diverse rispetto a quelle originarie. Nel corso di un fittissimo scambio di note fra le parti, tutte interlocutorie, ve n'è una, a firma del Sindaco, da cui risulta chiara la volontà di rinnovare il contratto a determinate condizioni. A tale nota la farmacista dà riscontro dichiarando di accettare il rinnovo. Poiché alla nota sindacale ne seguono altre, di vari uffici comunali, da cui emerge viceversa la volontà di non giungere ad un rinnovo, dopo un ulteriore lasso di tempo, durante il quale il Comune decide infine di non rinnovare il contratto e di bandire una gara per la vendita della farmacia comunale, la farmacista affidataria della farmacia comunale ricorre al TAR. Nel proprio ricorso impugna una lunga sequenza di provvedimenti, tra cui il bando della procedura ad evidenza pubblica per la vendita e l'atto di aggiudicazione ad altro farmacista, fondando una parte delle sue ragioni sull'intervenuto rinnovo del contratto a seguito dell'accettazione delle richieste contenute nella predetta nota del Sindaco.
Il TAR parmense, tuttavia, non condivide la censura e la dichiara infondata evidenziando che la nota sindacale si pone nella sequenza interlocutoria volta alla definizione delle trattative negoziali, non avendo alcuna competenza il Sindaco ad assumere impegni contrattuali in nome e per conto del Comune; sul punto il TAR rammenta che il riparto delle competenze delineato dal d. lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (T.U.E.L.) attribuisce al Consiglio comunale la competenza sulle decisioni di indirizzo dell’Ente, alla Giunta comunale il potere di adottare gli atti in esecuzione dell’indirizzo imposto dal Consiglio comunale, e, infine, al Dirigente del singolo settore l’adozione degli atti esecutivi delle decisioni della Giunta.
In base a tale normativa, allora, la citata nota del Sindaco non può assumere la valenza di “proposta contrattuale”, dovendosi piuttosto inquadrare quale passaggio interlocutorio della fattispecie a formazione progressiva tesa alla conclusione di un nuovo accordo, vale a dire quale atto interno della fase delle trattative negoziali, ovvero un mero invito a trattare.
Il TAR sul punto quindi conclude indicando che il consenso espresso dalla farmacista rispetto a quanto comunicato con la detta nota sindacale, lungi dal configurarsi quale “accettazione” idonea a suggellare la conclusione del vincolo negoziale, deve ritenersi invece un semplice segmento della fase delle trattative precontrattuali che, però, si sono infine concluse con la decisione del Comune di non rinnovare il contratto.
Sotto altro e diverso profilo la ricorrente chiede che il TAR giudichi illegittimi gli atti comunali di alienazione della farmacia comunale alla luce del fatto che il proprio contratto era stato prorogato ex lege in ragione della cd. “proroga Covid” e, cioè, della disposizione di cui all'art. 103, comma 2, del d.l. 17 marzo 2020, n. 18, convertito con modificazioni con la l. n. 27/2020 (così come modificato con successivo d.l. 7 ottobre 2020 n. 125, convertito con la l. n. 159/2020). La tesi della ricorrente è che, essendo intervenuta una proroga del contratto per effetto della legge, il Comune non poteva procedere a vendere la farmacia comunale come se fosse libero da ogni vincolo.
Anche tale punto, però, non trova d'accordo il Collegio, che qualifica la cd. “proroga Covid” come una misura di favore per le amministrazioni, che sono state in tal modo esonerate dall’attivare tutti quei procedimenti diretti al rilascio di certificati, attestati, permessi, concessioni, autorizzazioni e atti abilitativi comunque denominati, per i quali le amministrazioni, come i privati, hanno potuto beneficiare dell’estensione temporale dell’efficacia dei titoli precedentemente rilasciati fino alla cessazione dello stato di emergenza. La sentenza stabilisce sul punto che tale proroga ex lege non può però avere avuto l'effetto di impedirel’esercizio del potere amministrativo ove la tutela dell’interesse pubblico da perseguire imponesse nel singolo caso determinazioni diverse, come nel caso di specie, in cui sono stati accertati naturalmente cessati gli effetti della concessione e si è poi proceduto alla decisione di alienare la licenza di farmacia comunale.
Normativa
Riferimenti