Importazione parallela di farmaci (AIP): legittimamente AIFA impone all'importatore l'utilizzo della stessa denominazione che il farmaco ha nel Paese di origine
In caso di importazione parallela di farmaci l'ipotesi ordinaria è che AIFA autorizzi stabilendo che il farmaco mantenga la stessa denominazione del Paese di origine, essendo il cambio di denominazione l'eccezione giustificata da accertate ragioni attinenti alla tutela della salute pubblica
Massima
Medicinali – importazione parallela – autorizzazione AIFA – obbligo di mantenimento per il farmaco della stessa denominazione del Paese di origine – ipotesi ordinaria – legittimità – cambio di denominazione – eccezione giustificata da tutela della salute pubblica
Un'azienda importatrice chiede l'autorizzazione all'importazione parallela dalla Francia all'Italia di un farmaco avente in Francia una determinata denominazione di cui l'AIFA, nell'atto di autorizzazione, impone il mantenimento anche per l'Italia.
L'azienda importatrice sostiene che l'obbligo di mantenimento della denominazione “francese”, in luogo di quella con cui lo stesso farmaco viene commercializzato in Italia (e che quindi, se assunta, aumenterebbe di molto la commerciabilità del farmaco d'importazione perché si avvantaggerebbe della conoscibilità della denominazione del farmaco italiano), è illegittimo giacché comporta di fatto l'impossibilità di commercializzare il farmaco nel circuito italiano con la conseguenza che si determina una concreta restrizione delle importazioni ed un artificioso isolamento dei mercati nazionali.
Prima il TAR e poi il Consiglio di Stato respingono il ricorso stabilendo che è del tutto legittimo da parte dell'AIFA imporre al farmaco importato il mantenimento della denominazione del Paese di esportazione; tale mantenimento, infatti, secondo il Collegio è la regola, mentre il cambio e l'assunzione della denominazione che lo stesso farmaco ha in Italia è invece l'eccezione. Si ricorre all'eccezione, tuttavia, quando l'importatore dimostra che il mantenimento della denominazione del Paese di origine possa determinare in Italia pericolo di confusione con altre denominazioni di farmaci presenti sul territorio italiano aventi assonanze o radici in comune, ma dirette a curare patologie diverse.
Soltanto quando c'è pericolo di confusione, allora, si procede a modificare la denominazione del Paese di origine facendo assumere quella che lo stesso farmaco ha in Italia, proprio per evitare in definitiva che sul territorio italiano circolino due farmaci con denominazione simile che però curano patologie differenti.
Nel caso che ci riguarda, però, il Collegio osserva che tali presupposti per cambiare la denominazione non sussistono, visto che l'azienda importatrice ricorrente non ha fornito un solo elemento di prova capace di dimostrare che, mantenendo la denominazione francese, il farmaco importato rischia di essere confuso con un farmaco già esistente sul circuito italiano avente denominazione assonante e diretto a curare una diversa patologia.
Oltre alla tutela della salute pubblica vi è però anche una ragione commerciale che giustifica il cambio di denominazione come estrema ratio: il far assumere al farmaco importato la denominazione che lo stesso farmaco ha in Italia determina un danno commerciale all'azienda farmaceutica in possesso dell'AIC per il farmaco commercializzato in Italia (sul punto vedi, in questa rivista, anche l'ordinanza di TAR Roma del 16 ottobre 2024, con cui si è ritenuto di mantenere il cambio di denominazione autorizzato dall'AIFA a tutela della salute pubblica).
La sentenza, ancorché indirettamente, lambisce tale problematica liddove stabilisce che AIFA autorizza il cambio di denominazione soltanto in presenza di specifiche esigenze tra le quali non rientrano le ragioni afferenti il semplice interesse commerciale dell'importatore.
Avv. Tommaso di Gioia
Patrocinante dinnanzi alle Magistrature Superiori, già docente nel Corso di Alta Formazione in Diritto Sanitario dell'Università di Bari, componente del Comitato degli Esperti della Scuola di Aggiornamento e della Scuola di Formazione Forense dell'Ordine degli Avvocati di Bari
Commento
Consiglio di Stato/sentenza del 30 ottobre 2023
Importazione parallela di farmaci (AIP): legittimamente AIFA impone all'importatore l'utilizzo della stessa denominazione che il farmaco ha nel Paese di origine
In caso di importazione parallela di farmaci l'ipotesi ordinaria è che AIFA autorizzi stabilendo che il farmaco mantenga la stessa denominazione del Paese di origine, essendo il cambio di denominazione l'eccezione giustificata da accertate ragioni attinenti alla tutela della salute pubblica
Massima
Medicinali – importazione parallela – autorizzazione AIFA – obbligo di mantenimento per il farmaco della stessa denominazione del Paese di origine – ipotesi ordinaria – legittimità – cambio di denominazione – eccezione giustificata da tutela della salute pubblica
Un'azienda importatrice chiede l'autorizzazione all'importazione parallela dalla Francia all'Italia di un farmaco avente in Francia una determinata denominazione di cui l'AIFA, nell'atto di autorizzazione, impone il mantenimento anche per l'Italia.
L'azienda importatrice sostiene che l'obbligo di mantenimento della denominazione “francese”, in luogo di quella con cui lo stesso farmaco viene commercializzato in Italia (e che quindi, se assunta, aumenterebbe di molto la commerciabilità del farmaco d'importazione perché si avvantaggerebbe della conoscibilità della denominazione del farmaco italiano), è illegittimo giacché comporta di fatto l'impossibilità di commercializzare il farmaco nel circuito italiano con la conseguenza che si determina una concreta restrizione delle importazioni ed un artificioso isolamento dei mercati nazionali.
Prima il TAR e poi il Consiglio di Stato respingono il ricorso stabilendo che è del tutto legittimo da parte dell'AIFA imporre al farmaco importato il mantenimento della denominazione del Paese di esportazione; tale mantenimento, infatti, secondo il Collegio è la regola, mentre il cambio e l'assunzione della denominazione che lo stesso farmaco ha in Italia è invece l'eccezione. Si ricorre all'eccezione, tuttavia, quando l'importatore dimostra che il mantenimento della denominazione del Paese di origine possa determinare in Italia pericolo di confusione con altre denominazioni di farmaci presenti sul territorio italiano aventi assonanze o radici in comune, ma dirette a curare patologie diverse.
Soltanto quando c'è pericolo di confusione, allora, si procede a modificare la denominazione del Paese di origine facendo assumere quella che lo stesso farmaco ha in Italia, proprio per evitare in definitiva che sul territorio italiano circolino due farmaci con denominazione simile che però curano patologie differenti.
Nel caso che ci riguarda, però, il Collegio osserva che tali presupposti per cambiare la denominazione non sussistono, visto che l'azienda importatrice ricorrente non ha fornito un solo elemento di prova capace di dimostrare che, mantenendo la denominazione francese, il farmaco importato rischia di essere confuso con un farmaco già esistente sul circuito italiano avente denominazione assonante e diretto a curare una diversa patologia.
Oltre alla tutela della salute pubblica vi è però anche una ragione commerciale che giustifica il cambio di denominazione come estrema ratio: il far assumere al farmaco importato la denominazione che lo stesso farmaco ha in Italia determina un danno commerciale all'azienda farmaceutica in possesso dell'AIC per il farmaco commercializzato in Italia (sul punto vedi, in questa rivista, anche l'ordinanza di TAR Roma del 16 ottobre 2024, con cui si è ritenuto di mantenere il cambio di denominazione autorizzato dall'AIFA a tutela della salute pubblica).
La sentenza, ancorché indirettamente, lambisce tale problematica liddove stabilisce che AIFA autorizza il cambio di denominazione soltanto in presenza di specifiche esigenze tra le quali non rientrano le ragioni afferenti il semplice interesse commerciale dell'importatore.
Normativa
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Collegamenti
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