La vigilanza efficace si esercita soltanto con prescrizioni cogenti
Il semplice invito dell’ASL, rivolto ad un titolare di parafarmacia, ad interrompere un’attività ritenuta illegittima, in mancanza di una sanzione o di una prescrizione cogente, non è atto lesivo, né pregiudica di per sé la continuazione dell’attività
Massima
Vigilanza dell’ASL - parafarmacia – effettuazione di servizi di secondo livello ex art. 1 d. lgs. n. 159/2003 – invito dell’ASL a non svolgere l’attività - mancanza di prescrizioni cogenti – difetto di lesività – inammissibilità del ricorso
Nel composito filone giurisprudenziale che, nell’ambito dei controlli svolti delle AASSLL in ambito farmaceutico, demarca con sempre maggiore chiarezza gli atti lesivi da quelli che possono definirsi “semplici raccomandazioni”, ovvero “indicazioni orientative” (come tali non impugnabili dinanzi al Giudice amministrativo), vi è da annoverare certamente questa pronuncia del TAR Roma. Essa è interessante non solo per la chiarezza con cui il TAR esplicita, pur nella stringatezza della motivazione, quali sono i criteri a cui deve attenersi l’attività di vigilanza delle AASSLL ai fini della concreta inibizione di attività ritenute illegittime, ma anche per la rilevanza delle parti coinvolte.
Il ricorso viene proposto da un titolare di parafarmacia contro un atto dell’ASL con cui, nel sottolineare che l’effettuazione all’interno della parafarmacia di servizi di secondo livello ex art. 1 d. lgs. n. 159/2003 (misurazione della pressione arteriosa, misurazione della capacità polmonare tramite spirometria, misurazione della saturazione dell’ossigeno, monitoraggio della pressione arteriosa e attività cardiaca) è da considerarsi contra legem, si chiede al parafarmacista di interrompere tale attività in maniera da non incorrere nella violazione della legge.
Nel giudizio interviene ad opponendum Federfarma nazionale che, partendo dal presupposto secondo cui l’atto costituisce un vero e proprio ordine ad interrompere l’attività (asserita) illegittima, chiede che venga respinto il ricorso del parafarmacista e, di conseguenza, punta ad inibire tale attività.
Il TAR Roma assume una posizione conforme ad alcune precedenti pronunce intervenute su casi simili e stabilisce che un atto adottato da un ente preposto alla vigilanza, per avere natura provvedimentale e quindi divenire lesivo nei confronti di chi lo riceve, deve essere idoneo ad incidere “direttamente ed immediatamente nella sfera giuridica del destinatario”. Ma un semplice avvertimento secondo cui il comportamento posto in essere si configura contra legem deve considerarsi alla stregua di una mera raccomandazione, non già di una “prescrizione cogente” e, quindi, merita di essere qualificata come pura indicazione orientativa, insuscettibile di impedire il prosieguo dell’attività e di conseguenza priva di lesività, al punto da rendere inammissibile il ricorso giacché proposto contro atto incapace di pregiudicare situazioni soggettive. In questa maniera non si è stati in condizione di sapere, mediante sentenza, se l’attività avviata nello specifico dal parafarmacista fosse vietata o meno.
Già TAR Aosta, infatti, con la sentenza del 13 maggio 2019, aveva dichiarato inammissibile per mancanza di lesività il ricorso con cui alcuni farmacisti titolari di farmacia/distributori avevano impugnato una nota dell’ASL che, trasmettendo la sentenza del Consiglio di Stato che vietava il trasferimento dei medicinali dal magazzino della farmacia a quello del distributore mediante DDT, si era limitata ad invitarli ad attenersi alle disposizioni ivi ricavabili; anche in quel caso il TAR, cui si erano rivolti i farmacisti/distributori, sostenne che in tali fattispecie l’ASL non adotta un atto immediatamente lesivo (e come tale impugnabile dinanzi al TAR), bensì un atto di tipo divulgativo non impugnabile “o tutt’al più una nota interpretativa, senza che però l’azienda in sede di confezionamento di detta nota (e neppure in un momento immediatamente precedente) abbia proceduto ad un’autonoma interpretazione della fattispecie o abbia inteso imporre prescrizioni di sorta”.
Secondo il Giudice amministrativo un ente preposto a funzioni di vigilanza in materia di servizio farmaceutico è in grado di bloccare l’attività ritenuta contraria alla legge soltanto qualora adotti un vero e proprio provvedimento inibitorio e/o sanzionatorio; in mancanza, l’atto adottato non esplica alcuna efficacia e l’attività può proseguire.
L’impegno profuso dalle difese legali di tutte le parti in causa (ricorrente, Ministero della Salute, ASL, Federfarma) ed il tempo decorso fino alla sentenza (il giudizio è stato incardinato nel 2020) non sono stati sufficienti per l’ottenimento una pronuncia di merito. Ciò consente di sostenere che le Amministrazioni vigilanti, ogni qual volta vogliano realmente impedire un’attività che ritengano non conforme a legge, devono necessariamente adottare un provvedimento che abbia inequivoco contenuto inibitorio e/o sanzionatorio, anche al fine non soltanto di evitare di essere coinvolte in giudizi destinati a concludersi con un nulla di fatto, ma anche di risparmiare ai destinatari dell’atto la proposizione di ricorsi inutili giacché inammissibili.
Avv. Tommaso di Gioia
Patrocinante dinnanzi alle Magistrature Superiori, già docente nel Corso di Alta Formazione in Diritto Sanitario dell'Università di Bari, componente del Comitato degli Esperti della Scuola di Aggiornamento e della Scuola di Formazione Forense dell'Ordine degli Avvocati di Bari
Commento
TAR Roma/sentenza del 14 marzo 2024
La vigilanza efficace si esercita soltanto con prescrizioni cogenti
Il semplice invito dell’ASL, rivolto ad un titolare di parafarmacia, ad interrompere un’attività ritenuta illegittima, in mancanza di una sanzione o di una prescrizione cogente, non è atto lesivo, né pregiudica di per sé la continuazione dell’attività
Massima
Vigilanza dell’ASL - parafarmacia – effettuazione di servizi di secondo livello ex art. 1 d. lgs. n. 159/2003 – invito dell’ASL a non svolgere l’attività - mancanza di prescrizioni cogenti – difetto di lesività – inammissibilità del ricorso
Nel composito filone giurisprudenziale che, nell’ambito dei controlli svolti delle AASSLL in ambito farmaceutico, demarca con sempre maggiore chiarezza gli atti lesivi da quelli che possono definirsi “semplici raccomandazioni”, ovvero “indicazioni orientative” (come tali non impugnabili dinanzi al Giudice amministrativo), vi è da annoverare certamente questa pronuncia del TAR Roma. Essa è interessante non solo per la chiarezza con cui il TAR esplicita, pur nella stringatezza della motivazione, quali sono i criteri a cui deve attenersi l’attività di vigilanza delle AASSLL ai fini della concreta inibizione di attività ritenute illegittime, ma anche per la rilevanza delle parti coinvolte.
Il ricorso viene proposto da un titolare di parafarmacia contro un atto dell’ASL con cui, nel sottolineare che l’effettuazione all’interno della parafarmacia di servizi di secondo livello ex art. 1 d. lgs. n. 159/2003 (misurazione della pressione arteriosa, misurazione della capacità polmonare tramite spirometria, misurazione della saturazione dell’ossigeno, monitoraggio della pressione arteriosa e attività cardiaca) è da considerarsi contra legem, si chiede al parafarmacista di interrompere tale attività in maniera da non incorrere nella violazione della legge.
Nel giudizio interviene ad opponendum Federfarma nazionale che, partendo dal presupposto secondo cui l’atto costituisce un vero e proprio ordine ad interrompere l’attività (asserita) illegittima, chiede che venga respinto il ricorso del parafarmacista e, di conseguenza, punta ad inibire tale attività.
Il TAR Roma assume una posizione conforme ad alcune precedenti pronunce intervenute su casi simili e stabilisce che un atto adottato da un ente preposto alla vigilanza, per avere natura provvedimentale e quindi divenire lesivo nei confronti di chi lo riceve, deve essere idoneo ad incidere “direttamente ed immediatamente nella sfera giuridica del destinatario”. Ma un semplice avvertimento secondo cui il comportamento posto in essere si configura contra legem deve considerarsi alla stregua di una mera raccomandazione, non già di una “prescrizione cogente” e, quindi, merita di essere qualificata come pura indicazione orientativa, insuscettibile di impedire il prosieguo dell’attività e di conseguenza priva di lesività, al punto da rendere inammissibile il ricorso giacché proposto contro atto incapace di pregiudicare situazioni soggettive. In questa maniera non si è stati in condizione di sapere, mediante sentenza, se l’attività avviata nello specifico dal parafarmacista fosse vietata o meno.
Già TAR Aosta, infatti, con la sentenza del 13 maggio 2019, aveva dichiarato inammissibile per mancanza di lesività il ricorso con cui alcuni farmacisti titolari di farmacia/distributori avevano impugnato una nota dell’ASL che, trasmettendo la sentenza del Consiglio di Stato che vietava il trasferimento dei medicinali dal magazzino della farmacia a quello del distributore mediante DDT, si era limitata ad invitarli ad attenersi alle disposizioni ivi ricavabili; anche in quel caso il TAR, cui si erano rivolti i farmacisti/distributori, sostenne che in tali fattispecie l’ASL non adotta un atto immediatamente lesivo (e come tale impugnabile dinanzi al TAR), bensì un atto di tipo divulgativo non impugnabile “o tutt’al più una nota interpretativa, senza che però l’azienda in sede di confezionamento di detta nota (e neppure in un momento immediatamente precedente) abbia proceduto ad un’autonoma interpretazione della fattispecie o abbia inteso imporre prescrizioni di sorta”.
Secondo il Giudice amministrativo un ente preposto a funzioni di vigilanza in materia di servizio farmaceutico è in grado di bloccare l’attività ritenuta contraria alla legge soltanto qualora adotti un vero e proprio provvedimento inibitorio e/o sanzionatorio; in mancanza, l’atto adottato non esplica alcuna efficacia e l’attività può proseguire.
L’impegno profuso dalle difese legali di tutte le parti in causa (ricorrente, Ministero della Salute, ASL, Federfarma) ed il tempo decorso fino alla sentenza (il giudizio è stato incardinato nel 2020) non sono stati sufficienti per l’ottenimento una pronuncia di merito. Ciò consente di sostenere che le Amministrazioni vigilanti, ogni qual volta vogliano realmente impedire un’attività che ritengano non conforme a legge, devono necessariamente adottare un provvedimento che abbia inequivoco contenuto inibitorio e/o sanzionatorio, anche al fine non soltanto di evitare di essere coinvolte in giudizi destinati a concludersi con un nulla di fatto, ma anche di risparmiare ai destinatari dell’atto la proposizione di ricorsi inutili giacché inammissibili.
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