Vendita di farmaci online da parte del farmacista: ammissibile l'azione di concorrenza sleale da parte di un altro titolare
Il Regolamento Ue 2016/679 non osta ad una normativa nazionale che conferisca al farmacista titolare la legittimazione per un'azione di concorrenza sleale nei confronti del farmacista che venda medicinali non prescrivibili su piattaforme online violando le norme sulla protezione dei dati personali relativi alla salute dei pazienti
Massima
Farmacia - Protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali – Regolamento 2016/679 – Mezzi di ricorso – Non tassatività – Normativa nazionale che consente ai concorrenti del presunto autore di una violazione degli obblighi previsti dal regolamento di proporre un ricorso dinanzi ai giudici civili sulla base del divieto delle pratiche commerciali sleali – Ammissibilità
Protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali – Regolamento 2016/679 – Nozione di dati relativi alla salute – Informazioni riguardanti i clienti di un gestore di una farmacia che mette in vendita medicinali su una piattaforma online, fornite al momento dell’ordine di tali medicinali – Informazioni sul nome di tali clienti, l’indirizzo di consegna e quelle necessarie all’individualizzazione dei medicinali – Inclusione – Vendita di medicinali non soggetta a prescrizione medica – Irrilevanza
ND, titolare di farmacia, dal 2017 vende medicinali riservati alle farmacie sulla piattaforma online Amazon. Per le ordinazioni dei farmaci i clienti di ND inseriscono informazioni personali quali il nome, l’indirizzo di consegna e gli elementi di individuazione dei medicinali.
DR, anch'egli titolare di farmacia, propone un'azione di concorrenza sleale al Tribunale (la vicenda avviene in Germania) chiedendo che sia ingiunto a ND di cessare, a pena di ammenda, la commercializzazione su Amazon di farmaci la cui vendita è riservata alle farmacie, finché non sarà garantito che i clienti possano dare il loro consenso preventivo al trattamento dei dati relativi alla salute. DR infatti sostiene che la commercializzazione su Amazon di medicinali la cui vendita è riservata alle farmacie è sleale, perché non rispetta i requisiti di legge relativi all’ottenimento del consenso del cliente richiesto dalla normativa in materia di protezione dei dati personali. Avendo perso in primo grado, ND si rivolge al Tribunale di appello, che conferma la sentenza del Giudice di prime cure con una pronuncia nella quale è indicato che la commercializzazione su Amazon di medicinali da parte delle farmacie costituisce una pratica sleale in quanto comporta un trattamento di dati relativi alla salute dei pazienti che sarebbe vietato in forza dell’articolo 9 paragrafo 1 del Regolamento UE 2016/679 in assenza di consenso esplicito da parte dei clienti che li acquistano.
ND si rivolge allora alla Corte Federale di Giustizia che, rilevando che l’esito della controversia dipende dall’interpretazione delle disposizioni del capo VIII del detto Regolamento UE nonché dell’articolo 9 paragrafo 1 di tale regolamento e dell’articolo 8 paragrafo 1 della direttiva 95/46, rimette in via pregiudiziale due questioni alla Corte di Giustizia ai fini della corretta interpretazione delle dette norme.
Con la prima di tali questioni la Corte federale di Giustizia tedesca chiede se le disposizioni del capo VIII del Regolamento debbano essere interpretate nel senso che si pongano in contrasto con una normativa nazionale (come quella tedesca) che conferisce la legittimazione ad agire ai farmacisti concorrenti contro il farmacista che ha commesso una violazione della protezione dei dati personali, mediante ricorso per violazione di detto regolamento e sul fondamento del divieto delle pratiche commerciali sleali.
Riguardo alla prima questione la Corte di Giustizia stabilisce che, sebbene il capo VIII del Regolamento non preveda specificamente una disposizione che consenta in maniera espressa un ricorso per concorrenza sleale in capo ai farmacisti concorrenti, dal contesto del complesso delle norme si ricava tuttavia che il legislatore europeo non ha affatto ritenuto di precluderla. Tale interpretazione è confermata dagli obiettivi che si pone il Regolamento, tra cui quello di assicurare un livello massimo di protezione dei dati delle persone fisiche in tutta l'Ue: a tal proposito l'azione per concorrenza sleale legata al trattamento dei dati personali è tale da rafforzare il livello di protezione dei dati degli interessati. Poiché, inoltre, l’accesso ai dati personali e la possibilità del loro trattamento sono diventati un elemento significativo della concorrenza fra imprese, per tener conto della realtà di questa evoluzione economica e garantire una concorrenza leale, occorre che le norme in materia di protezione dei dati personali siano rilevanti nell’ambito dell’applicazione del diritto della concorrenza e, quindi, delle norme relative alle pratiche commerciali sleali. Sulla base di tali considerazioni la Corte conclude che le disposizioni del capo VIII del Regolamento devono essere interpretate nel senso che esse non impediscono una normativa nazionale che assegna al farmacista concorrente di quello che ha posto in essere una violazione della protezione dei dati personali la possibilità di agire contro quest’ultimo con ricorso per violazione delle norme a tutela dei dati personali dei pazienti e sul fondamento del divieto delle pratiche commerciali sleali.
Con la seconda questione la Corte Federale di Giustizia tedesca chiede se l’articolo 8 paragrafo 1 della direttiva 95/46 e l’articolo 9 paragrafo 1 del Regolamento debbano essere interpretati nel senso che, nel caso in cui il gestore di una farmacia commercializzi, tramite una piattaforma online, farmaci la cui vendita è riservata alle farmacie, le informazioni che i clienti di tale gestore inseriscono al momento dell’ordine online dei medicinali, quali il loro nome, l’indirizzo di consegna e l'indicazione dei medicinali, costituiscono dati relativi alla salute, ai sensi di tali disposizioni, anche quando la vendita di tali medicinali non sia soggetta a prescrizione medica. In mancanza di prescrizione, opina la Corte tedesca, i farmaci potrebbero essere acquistati per soggetti diversi dall'acquirente.
Su tale seconda questione il responso della Corte di Giustizia è che quando i dati sugli acquisti dei medicinali consentono di trarre conclusioni sullo stato di salute di una persona identificata o identificabile, essi devono essere considerati in ogni caso dati relativi alla salute, e tali informazioni costituiscono “dati personali”, giacché si riferiscono a persone fisiche identificate o identificabili. A tal proposito è irrilevante il fatto che la vendita dei medicinali ordinati online non sia soggetta a prescrizione medica e, quindi, che i farmaci acquistati mediante l'invio di quei dati possano in realtà essere destinati a soggetti terzi, diversi da chi ha acquistato il farmaco online.
Secondo la Corte di Giustizia quando un utente di una piattaforma online comunica dati personali per ordinare medicinali la cui vendita è riservata alle farmacie (senza essere soggetta a prescrizione medica), il trattamento di tali dati da parte del gestore di una farmacia che vende tali medicinali attraverso la piattaforma online va considerato comunque un trattamento riguardante dati relativi alla salute in quanto è idoneo a rivelare informazioni sullo stato di salute di una persona fisica, a prescindere dal fatto che tali informazioni riguardino l'acquirente o qualsiasi altra persona per la quale quest’ultimo eventualmente effettua l’ordine.
Dalla sentenza della Corte discende allora che l'azione per concorrenza sleale, proposta da un farmacista nei confronti di altro farmacista, fondata sulla violazione, da parte di quest'ultimo, della protezione dei dati personali degli acquirenti di farmaci su piattaforma online, è consentita dalla normativa della Ue.
Avv. Tommaso di Gioia
Patrocinante dinnanzi alle Magistrature Superiori, già docente nel Corso di Alta Formazione in Diritto Sanitario dell'Università di Bari, componente del Comitato degli Esperti della Scuola di Aggiornamento e della Scuola di Formazione Forense dell'Ordine degli Avvocati di Bari
Commento
Corte di Giustizia/sentenza del 4 ottobre 2024
Vendita di farmaci online da parte del farmacista: ammissibile l'azione di concorrenza sleale da parte di un altro titolare
Il Regolamento Ue 2016/679 non osta ad una normativa nazionale che conferisca al farmacista titolare la legittimazione per un'azione di concorrenza sleale nei confronti del farmacista che venda medicinali non prescrivibili su piattaforme online violando le norme sulla protezione dei dati personali relativi alla salute dei pazienti
Massima
Farmacia - Protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali – Regolamento 2016/679 – Mezzi di ricorso – Non tassatività – Normativa nazionale che consente ai concorrenti del presunto autore di una violazione degli obblighi previsti dal regolamento di proporre un ricorso dinanzi ai giudici civili sulla base del divieto delle pratiche commerciali sleali – Ammissibilità
Protezione delle persone fisiche con riguardo al trattamento dei dati personali – Regolamento 2016/679 – Nozione di dati relativi alla salute – Informazioni riguardanti i clienti di un gestore di una farmacia che mette in vendita medicinali su una piattaforma online, fornite al momento dell’ordine di tali medicinali – Informazioni sul nome di tali clienti, l’indirizzo di consegna e quelle necessarie all’individualizzazione dei medicinali – Inclusione – Vendita di medicinali non soggetta a prescrizione medica – Irrilevanza
ND, titolare di farmacia, dal 2017 vende medicinali riservati alle farmacie sulla piattaforma online Amazon. Per le ordinazioni dei farmaci i clienti di ND inseriscono informazioni personali quali il nome, l’indirizzo di consegna e gli elementi di individuazione dei medicinali.
DR, anch'egli titolare di farmacia, propone un'azione di concorrenza sleale al Tribunale (la vicenda avviene in Germania) chiedendo che sia ingiunto a ND di cessare, a pena di ammenda, la commercializzazione su Amazon di farmaci la cui vendita è riservata alle farmacie, finché non sarà garantito che i clienti possano dare il loro consenso preventivo al trattamento dei dati relativi alla salute. DR infatti sostiene che la commercializzazione su Amazon di medicinali la cui vendita è riservata alle farmacie è sleale, perché non rispetta i requisiti di legge relativi all’ottenimento del consenso del cliente richiesto dalla normativa in materia di protezione dei dati personali. Avendo perso in primo grado, ND si rivolge al Tribunale di appello, che conferma la sentenza del Giudice di prime cure con una pronuncia nella quale è indicato che la commercializzazione su Amazon di medicinali da parte delle farmacie costituisce una pratica sleale in quanto comporta un trattamento di dati relativi alla salute dei pazienti che sarebbe vietato in forza dell’articolo 9 paragrafo 1 del Regolamento UE 2016/679 in assenza di consenso esplicito da parte dei clienti che li acquistano.
ND si rivolge allora alla Corte Federale di Giustizia che, rilevando che l’esito della controversia dipende dall’interpretazione delle disposizioni del capo VIII del detto Regolamento UE nonché dell’articolo 9 paragrafo 1 di tale regolamento e dell’articolo 8 paragrafo 1 della direttiva 95/46, rimette in via pregiudiziale due questioni alla Corte di Giustizia ai fini della corretta interpretazione delle dette norme.
Con la prima di tali questioni la Corte federale di Giustizia tedesca chiede se le disposizioni del capo VIII del Regolamento debbano essere interpretate nel senso che si pongano in contrasto con una normativa nazionale (come quella tedesca) che conferisce la legittimazione ad agire ai farmacisti concorrenti contro il farmacista che ha commesso una violazione della protezione dei dati personali, mediante ricorso per violazione di detto regolamento e sul fondamento del divieto delle pratiche commerciali sleali.
Riguardo alla prima questione la Corte di Giustizia stabilisce che, sebbene il capo VIII del Regolamento non preveda specificamente una disposizione che consenta in maniera espressa un ricorso per concorrenza sleale in capo ai farmacisti concorrenti, dal contesto del complesso delle norme si ricava tuttavia che il legislatore europeo non ha affatto ritenuto di precluderla. Tale interpretazione è confermata dagli obiettivi che si pone il Regolamento, tra cui quello di assicurare un livello massimo di protezione dei dati delle persone fisiche in tutta l'Ue: a tal proposito l'azione per concorrenza sleale legata al trattamento dei dati personali è tale da rafforzare il livello di protezione dei dati degli interessati. Poiché, inoltre, l’accesso ai dati personali e la possibilità del loro trattamento sono diventati un elemento significativo della concorrenza fra imprese, per tener conto della realtà di questa evoluzione economica e garantire una concorrenza leale, occorre che le norme in materia di protezione dei dati personali siano rilevanti nell’ambito dell’applicazione del diritto della concorrenza e, quindi, delle norme relative alle pratiche commerciali sleali. Sulla base di tali considerazioni la Corte conclude che le disposizioni del capo VIII del Regolamento devono essere interpretate nel senso che esse non impediscono una normativa nazionale che assegna al farmacista concorrente di quello che ha posto in essere una violazione della protezione dei dati personali la possibilità di agire contro quest’ultimo con ricorso per violazione delle norme a tutela dei dati personali dei pazienti e sul fondamento del divieto delle pratiche commerciali sleali.
Con la seconda questione la Corte Federale di Giustizia tedesca chiede se l’articolo 8 paragrafo 1 della direttiva 95/46 e l’articolo 9 paragrafo 1 del Regolamento debbano essere interpretati nel senso che, nel caso in cui il gestore di una farmacia commercializzi, tramite una piattaforma online, farmaci la cui vendita è riservata alle farmacie, le informazioni che i clienti di tale gestore inseriscono al momento dell’ordine online dei medicinali, quali il loro nome, l’indirizzo di consegna e l'indicazione dei medicinali, costituiscono dati relativi alla salute, ai sensi di tali disposizioni, anche quando la vendita di tali medicinali non sia soggetta a prescrizione medica. In mancanza di prescrizione, opina la Corte tedesca, i farmaci potrebbero essere acquistati per soggetti diversi dall'acquirente.
Su tale seconda questione il responso della Corte di Giustizia è che quando i dati sugli acquisti dei medicinali consentono di trarre conclusioni sullo stato di salute di una persona identificata o identificabile, essi devono essere considerati in ogni caso dati relativi alla salute, e tali informazioni costituiscono “dati personali”, giacché si riferiscono a persone fisiche identificate o identificabili. A tal proposito è irrilevante il fatto che la vendita dei medicinali ordinati online non sia soggetta a prescrizione medica e, quindi, che i farmaci acquistati mediante l'invio di quei dati possano in realtà essere destinati a soggetti terzi, diversi da chi ha acquistato il farmaco online.
Secondo la Corte di Giustizia quando un utente di una piattaforma online comunica dati personali per ordinare medicinali la cui vendita è riservata alle farmacie (senza essere soggetta a prescrizione medica), il trattamento di tali dati da parte del gestore di una farmacia che vende tali medicinali attraverso la piattaforma online va considerato comunque un trattamento riguardante dati relativi alla salute in quanto è idoneo a rivelare informazioni sullo stato di salute di una persona fisica, a prescindere dal fatto che tali informazioni riguardino l'acquirente o qualsiasi altra persona per la quale quest’ultimo eventualmente effettua l’ordine.
Dalla sentenza della Corte discende allora che l'azione per concorrenza sleale, proposta da un farmacista nei confronti di altro farmacista, fondata sulla violazione, da parte di quest'ultimo, della protezione dei dati personali degli acquirenti di farmaci su piattaforma online, è consentita dalla normativa della Ue.
Normativa
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